Edizioni:Gruppo Albatros Il Filo, collana "Nuove Voci" (pagina autore)
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cartaceo ed ebook sul sito dell'editore
Nella Toscana della metà del 1200, lo scontro mortale fra le potenze comunali di Siena e Firenze per l'egemonia sulla Toscana fa da sfondo alla dura vita della gente comune. Le complesse e travagliate vicende storiche travolgeranno la vita di un giovane novizio e della sua famiglia, intrecciandola con quelle di un manipolo di esiliati e di un misterioso nobile fuggiasco, destinato a combattere per la salvezza della propria città.
Per tutti loro la Storia ha riservato un ruolo, a cui non è concesso sottrarsi; affrontandolo, ognuno finirà per scoprire dentro di sé la forza necessaria a scegliere il proprio cammino.
Io lo immagino così”.
Motivazione:
“L’ambientazione storica del romanzo di Mencaroni è su alcuni eventi, a noi territorialmente vicini, verificatisi nel quadro delle lotte tra guelfi e ghibellini poco dopo la metà del XIII secolo: il sacco di Cortona del 1258 ad opera degli Aretini; la conseguente cacciata dei ghibellini dalla città, tra i quali lo stesso Uguccio da Casali; il saccheggio - che nel romanzo è posto all’inizio della narrazione - del Monastero di Camaldoli da parte dei soldati al servizio del Vescovo di Arezzo Guglielmino degli Ubertini; la battaglia di Montaperti del 4 settembre 1260.
La figura di Uguccio, sulla quale le fonti sono piuttosto scarse e a volte contraddittorie, è la figura centrale del romanzo.
Il tessuto narrativo mostra una grande sensibilità e naturalezza nel tratteggiare i caratteri, non soltanto del protagonista, ma anche degli altri personaggi.
Il romanzo di Spartaco Mencaroni è di piacevole lettura e s’impone all’attenzione del lettore per l’abilità con cui sono intrecciati i dati storici disponibili agli accadimenti individuali e collettivi.
Lo stile obbedisce a tutte le regole del raccontare, nel presentare i caratteri dei personaggi, nel taglio sapiente dei dialoghi, nello sviluppo avventuroso degli eventi e nella vivacità e naturalezza della narrazione, ma anche nell’attenzione a descrivere gli strumenti, le armi, le suppellettili, gli abbigliamenti del tempo, nonché gli ambienti naturali del contado aretino e cortonese, osservati questi ultimi con estrema sensibilità e, molte volte, con delicatezza"
tel.-fax 0575299386
In collaborazione con Società Storica Aretina e Brigata Aretina Amici dei Monumenti
Recensioni
Di Emanuela Zibordi sul blog di MelaMela e su Amazon:
Un pezzo della nostra storia scritta con uno stile elegantemente antichizzato, ricco e raffinato nella scelta dei termini, tanto da indurre il lettore ad una full immersion emozionante, da salto nel passato. Una finzione questa dell'autore che aiuta a capire il periodo storico e riferirlo alla contemporaneità.
29 gennaio 2014, Premiazione della XV Edizione del "Premio Tagete", presso la Sala dei Grandi della Provincia di Arezzo.
Il "Principe Dimenticato" si è classificato al 1° Posto nella sezione "Narrativa" del Premio.
Motivazione:
“L’ambientazione storica del romanzo di Mencaroni è su alcuni eventi, a noi territorialmente vicini, verificatisi nel quadro delle lotte tra guelfi e ghibellini poco dopo la metà del XIII secolo: il sacco di Cortona del 1258 ad opera degli Aretini; la conseguente cacciata dei ghibellini dalla città, tra i quali lo stesso Uguccio da Casali; il saccheggio - che nel romanzo è posto all’inizio della narrazione - del Monastero di Camaldoli da parte dei soldati al servizio del Vescovo di Arezzo Guglielmino degli Ubertini; la battaglia di Montaperti del 4 settembre 1260.
La figura di Uguccio, sulla quale le fonti sono piuttosto scarse e a volte contraddittorie, è la figura centrale del romanzo.
Il tessuto narrativo mostra una grande sensibilità e naturalezza nel tratteggiare i caratteri, non soltanto del protagonista, ma anche degli altri personaggi.
Il romanzo di Spartaco Mencaroni è di piacevole lettura e s’impone all’attenzione del lettore per l’abilità con cui sono intrecciati i dati storici disponibili agli accadimenti individuali e collettivi.
Lo stile obbedisce a tutte le regole del raccontare, nel presentare i caratteri dei personaggi, nel taglio sapiente dei dialoghi, nello sviluppo avventuroso degli eventi e nella vivacità e naturalezza della narrazione, ma anche nell’attenzione a descrivere gli strumenti, le armi, le suppellettili, gli abbigliamenti del tempo, nonché gli ambienti naturali del contado aretino e cortonese, osservati questi ultimi con estrema sensibilità e, molte volte, con delicatezza"
Presentazione del libro
25 gennaio 2014, ore 17.00, Centro Convegni Sant'Agostino, Sala dell'Assedio
1 ottobre 2013, ore 17.30 Auditorium Comunale “Aldo Ducci”Via Cesalpino n. 53 - Arezzo
Intervengono: Simone De Fraja e Claudio Santori
per info: www.societastoricaretina.org tel.-fax 0575299386
In collaborazione con Società Storica Aretina e Brigata Aretina Amici dei Monumenti
Recensione comparsa sul n°200 di “Medioevo”, settembre 2013 (www.medioevo.it)
A cura della dr.ssa Maria Paola Zanoboni.
Riproduzione concessa per cortesia della Redazione di “Medioevo” e del dr. Stefano Mammini
Di Emanuela Zibordi sul blog di MelaMela e su Amazon:
Avvincente, 19 febbraio 2013
Questa recensione è su: Il Principe dimenticato. Esilio e ritorno in patria di Uguccio da Casali (Brossura)
Questo di Mencaroni è un romanzo storico avvincente. Si basa su fatti
realmente accaduti nella Toscana del XIII secolo in pieno periodo
comunale, dove le città di Arezzo, Siena, Firenze e Cortona, alleate o
rivali nelle fazioni guelfa e ghibellina, si combattono aspramente per
l'egemonia territoriale. Si narrano i fatti precedenti che provocarono
la Battaglia di Montaperti in cui l'eroe Cortonese riconquista
l'autonomia della propria città, dopo il sacco inferto dagli Aretini.Un pezzo della nostra storia scritta con uno stile elegantemente antichizzato, ricco e raffinato nella scelta dei termini, tanto da indurre il lettore ad una full immersion emozionante, da salto nel passato. Una finzione questa dell'autore che aiuta a capire il periodo storico e riferirlo alla contemporaneità.
Di Luke
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Dal terzo capitolo
“Ormai siamo vicini”
disse Giuliano con voce lieta “ e se proseguiamo per un'altra ora, passeremo la
notte al coperto nel convento dei Francescani.”
Marcellino non
rispose: aveva i piedi coperti di piaghe, e le ginocchia gli dolevano
terribilmente dopo tutto quello scarpinare fra sassaie e pendii scoscesi. Ma
anche a lui non andava l'idea di un’altra notte all'addiaccio, specialmente
dopo la pioggia di quella mattina, che li aveva infradiciati fino al midollo.
Il gruppo stava ora
attraversando un tratto di sentiero largo, quasi una strada maestra, che
serpeggiava fra gli alberi di abete, prime propaggini di un fitto bosco che
copriva tutta la cima del Sant'Egidio.
Poi il bosco finì e
si trovarono ad una estremità di un grande prato erboso. Marcellino sorrise fra
sé, pensando al sollievo di poter camminare per un pochino nell'erba; poi
sollevò lo sguardo, e il sorriso gli morì sulle labbra. Sulla destra, Giuliano
gridò qualcosa che non capì, mentre a cento metri da lui una fila di arcieri si
era alzata all'improvviso da terra dove si erano accovacciati, e già un nugolo
di frecce, con un sinistro canto di morte, lacerava l'aria correndo verso di
loro.
Il ragazzo era lì,
ritto e paralizzato al limitare della radura, mentre la sua fine si avvicinava
sibilando, e non riusciva a muoversi: la sua mente stanca, del tutto
impreparata ad accettare l'orrore che aveva davanti, gli propose l'assurdo
ricordo di un versetto della Bibbia “Ecco, io vengo come un ladro...”. I
secondi si dilatarono come in un sogno, e mentre i dardi sfrecciavano nell'aria
fresca della sera, Marcellino sognava, inebetito, e tratteneva il fiato, completamente
in preda al terrore.
D’improvviso
qualcosa lo colpì bruscamente alle gambe, facendolo vacillare e infine cadere,
un secondo prima che le frecce più rapide gli passassero fischiando un palmo
sopra la testa. Si ritrovò a ruzzolare per terra, e un attimo dopo, con un urto
che gli tolse il fiato, un corpo solido ma morbido gli cadde addosso.
Sgusciando via da lui, Margherita gli prese la faccia fra le mani, e gli urlò
in pieno viso:
“Corri, deficiente!
Corri in mezzo al bosco.”
Finalmente l'istinto
di sopravvivenza prese il sopravvento nella mente del ragazzo, che si rialzò e
cominciò a correre a perdifiato verso il vicino limitare degli alberi, indietro
sul sentiero appena percorso, tenendosi carponi, mentre Margherita lo seguiva
da presso.
Raggiunse un vicino
abete, e allora una mano lo afferrò e lo strattonò di lato:
“Di qua, presto”
fece la voce familiare di Giuliano.
Margherita lo
sorpassò, mentre Giuliano, spingendolo avanti, si metteva alla retroguardia. Il
terzetto iniziò così una sfibrante corsa fra gli alberi, mentre più indietro si
potevano sentire le urla degli uomini che, abbandonati gli archi ormai inutili,
si erano messi a correre in direzione del bosco, ben decisi a dare la caccia ai
fuggitivi.
Poco più indietro,
Piglio osservava la scena, inferocito:
“Idioti!” urlò al
capo degli uomini che il Marchese gli aveva messo a disposizione. “Vi avevo
detto di non ferire il ragazzo. Adesso inseguiteli, e ricordate: il ragazzo lo
voglio vivo!”
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